L’artista del mese: Benny Goodman by Clarissa e Michele
Ci sono nomi, luoghi e date che più di altri rappresentano pietre miliari nella storia; momenti, volti ed eventi che hanno il potere di sancire passaggi, epoche e cambiamenti diventando simboli eterni del tempo.
Ecco, se volessimo trovare una data e un luogo per identificare la “swing era” degli anni trenta, con la portata musicale, storica e sociale che essa rappresentò, la scelta sarebbe semplice: 16 gennaio 1938. Il luogo, la Carnegie Hall di New York. Il protagonista, lui: Benny Goodman.
Di fatto il più grande esponente dell’era d’oro delle big band, Benny David Goodman può essere considerato il vero e proprio “re dello swing”, emblema non solo di un genere musicale ma di un’intera epoca, fatta di contraddizioni e pregiudizi che Benny Goodman riuscì a superare con il suono eccelso del suo clarinetto. A lui si deve il merito di aver traghettato il jazz e il blues degli anni 20 e 30 nelle sonorità e nei ritmi tipici dello swing, la musica che da generazioni fa ballare tutto il mondo.
Nato nel 1909 a Chicago da una povera famiglia ebraica polacca, Benjamin David Goodman è da subito avviato dal padre agli studi musicali. Non passa molto tempo quando, giovanissimo, Benny scopre la musica jazz in quella città, Chicago, che ne era la patria. A 12 anni suona già nell’orchestra del teatro ed in diverse orchestre da ballo della città; a 16 entra a far parte di una delle band principali di Chicago, l’orchestra di Ben Pollack, che lascerà nel 1929 per trasferirsi a New York.
È nel 1934 (un anno dopo la fine del proibizionismo) che Benny Goodman fonda quella che è considerata la prima grande band swing della storia, la “Big Band”. Per la prima volta in assoluto, musicisti bianchi e dicolore (udite, udite) suonano insieme. Una vera rivoluzione musicale, culturale ma soprattutto sociale nella storia dello swing e non solo. La fama della Big Band supera così i confini delle culture e l’ipocrisia dei pregiudizi portando il jazz in tutto il mondo; il tutto grazie a musicisti del calibro di Harry James e Joe Triscari, senza considerare altre figure leggendarie come Teddy Wilson e Mel Powell.
L’era dello swing è così ufficialmente inaugurata ed il pezzo simbolo diventa proprio la sua “Let’s Dance”.
Nel 1935, dopo un lunghissimo tour con la sua band, Benny Goodman è ormai conosciuto in tutto il paese. Musicista rispettato e imitato per l’assoluto rigore e perfezione con cui suona il “nobile” strumento del clarinetto, Benny coniuga le tradizioni musicali del jazz con i gusti del pubblico più moderno. Grazie a lui le grandi masse riscoprono il jazz nella sua accezione più allegra e spensierata, simbolo di un’America in cambiamento. Un’America nella quale lo swing, fino a quel momento considerato musica di secondo ordine, diventa molto più importante, trascinato in alto anche grazie e soprattutto a personalità come quella di Benny.
Rimarrà per sempre nella storia la grande “battaglia” alla Savoy Ballroom di Harlem tra la band di Benny Goodman e la Chick Webb Orchestra. I due grande maestri si sfidano nel 1937 in quella che è considerata una delle battaglie musicali del secolo. Webb, leader della più nota orchestra del Savoy, ne esce vincitore; a cantare accanto a lui ha un’adolescente molto dotata, Ella Fitzgerald. Benny Goodman e la Big Band, seppur non vincitori, regalano però al mondo, in quella occasione, uno dei brani più belli e più ballati dello swing: “Stompin’ at the Savoy”.
La musica di Benny travalica però i confini delle sale da ballo e va oltre il pubblico appassionato del Savoy: il suo clarinetto parla al mondo.
Arriviamo così al 16 gennaio 1938. La Carnegie Hall di New York, una delle più importanti sale da concerto di musica classica, è gremita. Gli oltre 2700 biglietti disponibili terminati con settimane di anticipo. Li, nel tempio della musica classica, la Benny Goodman band composta da bianchi, neri ed ebrei, si esibisce in un repertorio senza eguali: dai tre grandi classici iniziali “Don’t Be That Way”, “Sometimes I’m Happy” e “One O’Clock Jump”, passando per i pezzi storici del jazz, per concludersi con una vera e propria jam session con musicisti del calibro di Duke Ellington e Harry James. Il pubblico è in delirio. Si balla tra le fila. E Goodman, sostenuto dal grande batterista Gene Krupa , infiamma l’immensa sala con la trascinante “Sing, Sing , Sing”. Mai prima di allora la storia della musica swing aveva raggiunto un tale apice, il punto più alto che segna definitamente il passaggio di un’epoca.
Negli anni successivi la fama dello swing va pian piano diminuendo, e con essa anche quella di Benny Goodman. Ma il suo nome rimane ormai nella leggenda. Celebrato anche in un film del 1955 che ne raccontava le gesta ( “Il Re del Jazz”,diretto da Valentine Davies), nel 1986 Goodman riceve il Grammy Award alla Carriera. Morirà nello stesso anno all’età di 77 anni, qualche giorno dopo essersi esibito e aver ancora allietato la storia con il suono del suo clarinetto.